Gli eroi di Football Manager #19: Arturo Lupoli, “King Arthur”

Ritorna la nostra rubrica “Gli Eroi di Football Manager“. Nell’ultima intervista abbiamo parlato con Matteo Passerini, meglio conosciuto con il nickname “una striscia“. Dedichiamo il diciannovesimo appuntamento ad...

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Ritorna la nostra rubrica “Gli Eroi di Football Manager“. Nell’ultima intervista abbiamo parlato con Matteo Passerini, meglio conosciuto con il nickname “una striscia“.

Dedichiamo il diciannovesimo appuntamento ad uno dei wonderkids più amati da noi manager italiani, facendoci innamorare sempre di più di Football Manager, tra il 2007 ed il 2011.

Il protagonista di questo 19esimo episodio della nostra rubrica “Gli eroi di Football Manager” è Arturo Lupoli, per gli inglesi “King Arthur“.

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Ciao Arturo, grazie per essere qui con noi di Gamereligion.it

Ciao Matteo, buongiorno a voi.

Sei un classe 87, ti seguo dagli esordi con gli allievi a Parma, annate che ti hanno visto protagonista insieme a Giuseppe Rossi, annate che ti sono valse la chiamata dell’Arsenal di Wenger. Ti va di raccontarci un pò di quell’esperienza? Ti do qualche spunto, il passaggio in un nuovo paese, i provini, l’esperienza nell’Academy dell’Arsenal, tra le migliori al mondo, l’esordio contro il Manchester City, sino all’esplosione in coppa di lega contro l’Everton.

Vero, l’annata fatta con gli allievi nazionali del Parma, conclusasi con lo scudetto 2003-2014, fu un’annata bellissima che ricordo con molto piacere. In quella squadra c’eravamo io, Giuseppe Rossi, Daniele Dessena, Filippo Savi, Vincenzo Pepe ma anche Marco Rossi, tutti ragazzi che hanno fatto delle buone carriere.
E’ stato un anno molto bello, ci siamo divertiti molto. Io e Giuseppe abbiamo segnato più di 40 gol a testa, in un anno dove ci riusciva tutto. Sicuramente, in quel momento, avevamo le attenzioni di tutta Italia, ma anche di squadre europee che ci seguivano sia con il club che con la nazionale U17 ed U19, infatti io andai a Londra sponda Arsenal e lui a Manchester, sponda United.
Il passaggio a Londra, nell’Arsenal, è stato un cambiamento radicale. Sin dal ritiro in Austria mi sono ritrovato con la prima squadra davanti a grandissimi campioni che fino a poche settimane prima vedevo solo in tv. L’impatto non è stato facilissimo, ma mi hanno aiutato moltissimo, soprattutto Viera ed Henry che parlavano italiano. Non solo grandi campioni, ma anche grandi ragazzi come Kolo Toure, Cesc Fabregas e Gael Clichy, che nelle prime settimane mi hanno aiutato a non sentire l’assenza della famiglia, visto che ero alla mia prima esperienza fuori da solo.
Tutto è andato molto velocemente, iniziai la stagione con le riserve facendo parecchi gol e da li arrivarono anche le mie prime convocazioni in coppa di lega, Fa Cup. Non dimenticherò mai l’esordio contro il Manchester City, momento che mi porterò indietro tutta la vita. Entrammo in quello stadio stupendo (City of Manchester Stadium), vincendo 3-0, al mio primo esordio assoluto tra i grandi. Poi, nella partita successiva contro l’Everton, feci l’esordio in casa all’Highbury. Già entrare a vedere le partite li era emozionante, figurati giocarci. Sicuramente è lo stadio più storico e bello in cui ho giocato, si avvertiva un silenzio diverso rispetto agli altri stadi. Entravi e c’era la storia nei corridoi, con lo spogliatoio stile anni 60-70 in pietra con le scritte Arsenal in rosso. Vincemmo 3-1, con una mia doppietta. Il primo gol regalatomi da Van Persie con un assist quasi a porta vuoto, mentre il secondo fu più bello, con un tiro di prima dal limite dell’area. Sicuramente è stata una partita che mi ha regalato tantissimo, mi ha aiutato a farmi conoscere da tutti, anche in Italia.
Devo ringraziare sicuramente Wenger che successivamente mi ha dato l’opportunità di andare in panchina in Champions League, in FA Cup e di farmi esordire in Premier League contro il Blackburn. Sicuramente le esperienze che ricordo sono tante, come la panchina al Bernabeu l’anno successivo negli ottavi di finale contro il Real Madrid. Quell’anno arrivammo in finale contro il Barcelona.

Sicuramente le emozioni sono ed erano tantissime, specialmente per un ragazzo di 17 anni, qualcosa di straordinario.

Il percorso di crescita era quello corretto, con il trasferimento in Championship con il Derby County, per darti minutaggio ed esperienza. Fu una buona occasione in championship, come la ricordi?

Si diciamo che il passaggio successivo fu quello del Derby County. E’ stata un’esperienza molto bella, positiva, in una squadra che all’inizio dell’anno era stata costruita per giocare i playoff ed avevano bisogno di due, tre giovani di livello per cercare di mantenere alto il livello della squadra. Presero me ed altri due giovani dalle Academy del Chelsea e del Manchester United.
Il Derby era una tipica squadra inglese che giocava un calcio molto veloce, sviluppato molto in ampiezza sulle fasce e fu la mia prima esperienza tra i “titolari” in una squadra di grandi. Avevo 19 anni e mi ricordo l’esordio bellissimo con una doppietta fuori casa contro il Colcester.
Il Pride Park Stadium, è uno stadio fantastico, ho tanti bei ricordi anche li. Quell’anno segnai anche una tripletta in trasferta a Cardiff in Fa Cup. Fu una bella annata, conclusa con 11 gol stagionali. La squadra arrivo a giocarsi i playoff per la Premier League, ma non riuscì a giocare la finale perchè avevo già firmato con un’altra squadra e l’allenatore decise di giocare con chi aveva dato garanzie per un futuro li. Vincemmo la finale ed anche se non giocai, ricordo l’emozione della finale a Wembley, è un ricordo che conservo gelosamente insieme alla medaglia. Sono molto orgoglioso di quella vittoria perchè comunque avevo giocato almeno 30 partite, mi sentivo un pezzo molto importante della squadra e tuttora mi sento con alcuni compagni di quella rosa ed i tifosi sono rimasti molto legati a me. Quello di Derby fu un bellissimo anno.

Qui cambia qualcosa. Sei un 19enne in rampa di lancio, annunciato come una delle maggiori promesse del calcio europeo, arriva la chiamata della Fiorentina di Prandelli, ma soprattutto di Corvino, all’epoca il paradiso italiano a livello giovanile, cosa non funzionò? Per la viola dicesti no, se non erro, al nuovo Napoli di De Laurentiis.

Si, esatto. C’è stato il passaggio alla Viola ed è stata un pò la chiave della mia carriera. Sicuramente in quel momento era nell’ Under 21, venivo da delle stagioni molto positive sia al Derby che all’Arsenal e diciamo che le richieste non mancavano. Me ne ricordo tre su tutte, perchè i miei procuratori dell’epoca Pasqualin e D’Amico mi dissero che avevano parlato con il Valencia in Spagna ed era una piazza molto gradita da me, anche perchè mi hanno sempre affascinato le esperienze all’estero, in questo caso in Spagna. C’era il Napoli con Pierpaolo Marino con i quali c’era già un accordo ed in una chiamata avevo dato la mia parola per andare a Napoli che quell’anno era in Serie B insieme a Juve e Genoa e sarebbe andato in serie A pochi mesi dopo. I miei genitori sono di Napoli, quindi sarebbe stato il massimo. Poi c’era la Fiorentina che dal punto di vista economico offrì di più rispetto alle altre squadre. una scelta influenzata un pò dai miei procuratori. Io mi sono fatto convincere da questo progetto di 5 anni con una Fiorentina che era ai preliminari di Champions League con giocatori molto forti. Dire cosa non è andato diciamo è riduttivo. Diciamo che in quel momento forse avevo bisogno di una squadra di Serie A più piccola. C’era l’Empoli che aveva fatto un sondaggio per un prestito ad agosto, ad esempio. Sono quelle scelte che si rivelano sbagliate con il tempo. Ero molto chiuso con attaccanti forti come Pazzini, Osvaldo, Vieri e Mutu. Giocai solo in Coppa Italia e sicuramente non è stata un’esperienza positiva che mi ha tolto sicuramente qualcosa.
Da li ci sono stati dei passaggi a vuoto che non mi hanno permesso di esprimermi al massimo nelle stagioni successive.

Treviso, Norwich e Sheffield, fino ad arrivare ad Ascoli, una delle tappe che poteva segnare la tua rinascita, giusto?

Successivamente ci sono stati Treviso, Norvich e Sheffield, l’anno dopo per 6 mesi e 6 mesi. Anche Sheffield stata una bella esperienza che si è conclusa con la finale dei playoff persa a Wembley. Dopo c’era la possibilità di continuare in Inghilterra, ma tornando a Firenze decidemmo di andare in prestito in Italia, all’Ascoli. Il primo anno fu molto positivo, siamo arrivati a due punti dai playoff facendo una buona stagione, ma l’anno dopo iniziammo la stagione con -7 punti iniziali ed io mi infortunai alla caviglia, ci siamo salvati all’ultima giornata. Ascoli è stata una piazza importante, con tanta storia, tanto tifo. Sicuramente è stata una tappa bella ed importante, anche se si sarebbe potuta chiudere meglio negli ultimi mesi.

Passaggio sfortunato anche a Grosseto, trasferta ungherese all’Honved, fino ad arrivare alla stagione 2014-15 a Varese, una stagione alla King Arthur?

A Varese, stagione 2014/15 è stata una stagione molto positiva, iniziata subito con due reti in coppa italia contro la Juve Stabia e poi, anche in campionato, ho segnato in 4 mesi 6 gol importanti per il Varese. Mi sentivo bene, stavo facendo un’ottima annata ma poi a gennaio il Varese era in crisi societaria con la seria possibilità di fallimento e ci dissero che chi di noi avesse avuto una proposta, di prenderla in considerazione.
Arrivò il Frosinone a fine mercato e decisi di andare, anche se a Varese stavo bene.
Fu una scelta azzeccata, il Frosinone andò in Serie A ed anche se giocai di meno fu una bella opportunità lottare per la promozione in A.

 L’oggetto dell’intervista era Football Manager, conosci il gioco? Per molti allenatori virtuali, eri la risposta italiana a Messi.

Si conosco il gioco anni fa, ci giocavo anche. Ho tanti amici e compagni di squadra che giocano e molto spesso mi fermano per dirmi che mi hanno sempre preso nelle loro squadre perchè ero davvero forte.

Attualmente sei alla Fermana, giusto?

Si, attualmente sono alla Fermana. [ndr: ha rinnovato fino a giugno 2020].

Il soprannome di King Arthur, chi te lo diede?

Il soprannome King Arthur è nato in Inghilterra al Derby County. Avevo un rapporto bellissimo con la gente del posto e loro mi dedicarono cori e uno striscione con questo soprannome

Grazie mille Arturo, sei stato molto disponibile, ti ringrazio.

Grazie mille a te

 

Gli eroi di Football Manager #19: Arturo Lupoli, “King Arthur” ultima modifica: 2019-06-14T13:11:28+00:00 da Matteo Milo
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